mercoledì 23 febbraio 2011

C'ho un amico (poesia senza rima nè metrica)

Io c'ho un amico
che gli sono grato
tra l'altro
perché lo amo
ma non lo limonerei
e quindi son sicuro sicuro,
che mi piace la pavaiotta.

Si è dimenticato
la sciarpa a casa mia
una mattina
perché non voleva andare via
per davvero
e io fumo con la sua sciarpa,
e penso "chi sa come sta."

Il mio amico
è del tipo
che se lo chiamo a Rimini
e gli dico
"Son nel fosso. A Perugia.", tipo
lui parte e mi tira fuori,
senza domande che non voglio.

Lui di tutti
il mio amico
non mi ha mai tradito.
Solo una volta,
mi ricordo perché la pancia mi urlava,
ma poi è venuto fuori
che aveva fatto bene così.

Il mio amico
è diverso diverso da me,
appena sveglio fuma sul divano.
Per delle robe è meglio di me
ma in un altro modo.
Se poi muoio  davvero, son contento
perchè da lui mi son lasciato conoscere.

Anche lui, penso.

sabato 19 febbraio 2011

Le cose che avrei voluto dire/5

Continua il mio non sfangare buone fette di umanità.
Laonde per cui, continua anche la solare e proattiva rubrica "Le cose che avrei voluto dire", giunta oramai al suo quinto conciliante capitolo.
Eccolo qui.





















Gli altri sereni e costruttivi capitoli son qui, qui, qui e qui.
E qui. Non lo faccio più, scusate.
 Se qualcuno vuole un originale, mi scrive qui o qui e -se non è già andato via (il disegno, non quello che lo vuole)- glielo mando (anche se non è andato via quello che vuole il disegno, in effetti).
Bòn.
State bene.

Edit:
Logicamente ve li mando per gusto mio, non costano nulla, ci mancherebbe.

lunedì 14 febbraio 2011

Creeptyca

- balsamo per lei (chiedere quale)
- spazzolini
- termometro
- carta igienica
- pane in cassetta
- biscotti

C'è sempre poca gente al centro commerciale, il lunedì pomeriggio, - pensava- e oggi parecchi mi sembrano particolarmente brutti. Malaticci, segnati. Qualcuno pare intorpidito, imbambolato. Boh.
Il lettore mp3 non lo portava con sè da anni. Gli sembrava troppo giovanilistico e comunque gli piaceva sentire le voci, i rumori. Quella volta, però, l'aveva visto fuori posto e l'aveva messo in tasca meccanicamente, per poi dimenticarsene e andare a fare la spesa. Tastandosi la tasca per controllare di avere ancora le chiavi della macchina, se ne accorse e pensò Ah, già. Vabbuò, stai lì e rimani spento, a dormire.

- pane in cassetta
- biscotti
- pan carré
- formaggini
- yogurt
- insalata

Faceva freddo, vicino ai banchi frigo dei latticini e lui pensò Devo fare pipì. e sorrise. Che storia, come quando mi porto i bambini, che devo sempre mollare il carrello al banco informazioni per portarli in bagno. Quei piscioni -eh eh-, come ieri sera mentre leggevo 'Il lupo e i sette capretti', sempre  a fare un giretto al bagno. "Glielo posso lasciare un attimo? -disse alla signorina con la cartellina in mano- Torno subito, il tempo di fare una telefonata." e lei acconsentì sorridendo. Boh, stanno in mezzo e sembrano tutti invorniti si disse, raggiungendo il bagno. Bottoni. Mutanda. Sollievo. Sentì in lontananza un forte rumore, un colpo secco, e non ci fece caso. Sciacquone. Bottoni. Porta. Lavandino.
Entrò di corsa un uomo, lo urtò e si infilò in un bagno. "Ma che cazz..." disse. Ma niente, l'uomo s'era già chiuso a chiave. Deve scapparti forte, testa di cazzo. Spero che tu ti sia cagato addosso per metà, maleducato. pensò, per poi continuare Fanculo, se siete brutti oggi. Mi isolo., tirò fuori il lettore mp3, si  mise le cuffie e lo attivò.
Un paio di persone, tra lui e il suo carrello. Imbambolate. Il carrello era al suo posto ma la signorina gentile non c'era più. C'era la sua cartellina, abbandonata sul bancone.
Avrà avuto da fare, peccato non poterla ringraziare. E poi era carina.

- yogurt
- insalata
sottilette
- cotto da toast
- carne
- frutta


Acquattato da qualche parte dentro l'mp3, il simulacro di Stone Gossard partiva da solo con un riff in LA mentre lui pensava Diomadonna, la schitarrata di Alive anche vent'anni di distanza è una roba da far scaraventare i culi su dalle sedie. Dovrebbe essere obbligatoria a scuola., quando notò due donne malconce che gli si facevano incontro. Una zoppicava, pure.
Ma che, fanno entrare i barboni o gli psichiatrici senza accompagnatori, e pure trasandati?! pensò. Non fece in tempo a finir di dire "Signora, sta bene?", che sentì uno spintone alle spalle e cadde sbattendo sul carrello prima di rovinare a terra, ai piedi delle donne che ormai lo avevano raggiunto.
Iniziò istintivamente a scalciare e a tirare pugni alla rinfusa, mentre i quattro zombie si accanivano su di lui.
Fece in tempo a  pensare I bimbi sono a casa. Dio, fa' che abbiano compreso la favola, fa' che non aprano la porta a nessuno che non riconoscono.

venerdì 4 febbraio 2011

Gina Jam (uno scritto autobiografico pieno di rock star, incidentali, parenti e parentetiche)

Mia nonna Gina si chiamava in realtà Virginia (cosa che permette ancor oggi a mio padre di affermare in piena coscienza Non viaggio molto ma sono stato nove mesi in Virginia) e trattava su tutto il trattabile. Io da piccolo mi vergognavo ad andare al mercato -e soprattutto nei negozi- con lei perchè chiedeva sconti di continuo e lottava anche sulle duecento lire, e tirava dritto sorridendo finchè non la spuntava (sorrideva spessissimo e rideva spesso, della grossa [l'ultima volta che l'ho vista viva ero da solo con lei in Rianimazione e le ho detto Porca boia nonna sei piena di fili e di lucine, sembri un flipper e lei ha risposto ridendo e tutta stimandosi Hai visto come mi badano bene?]). Poi ho capito che mia nonna Gina s'era sciroppata gli effetti di due guerre mondiali e che dai debiti aveva costruito una casa, mentre io le guerre e la casa me le sono trovate già fatte e quindi ora un po' mi vergogno perchè mi vergognavo. Faceva spesso piada e cassoni o pasta fatta a mano per tre famiglie e ci diceva sempre quanto aveva risparmiato facendoli lei anzichè comprarli.
Nonna Gina contrapponeva a questo pubblico risparmiare una generosità privata composta (oltre che dalle sue attenzioni) dalla "pensione", una piccola somma che regalava a noi nipoti quando le arrivava la pensione e da piccoli prestiti che ci faceva e definiva ridendo "a fondo perduto".
Io quando avevo ventuno anni facevo l'università, suonavo il basso in un gruppo che qui in zona (e anche un po' più in là) diceva la sua e dovevo trentamila lire a mia nonna Gina (e anche se me li avrebbe regalati traquillamente, quella volta ci tenevo a restituirglieli [non mi ricordo il perchè]).
Attorno a quegli anni, inoltre, cercavo di diventare una rock star e di morire giovane lasciando un bel cadavere e andavo anche a un sacco di concerti; mi son visto tipo gli Smashing Pumpkins quando ancora avevano la bassista bionda (quella volta mi sono piazzato strategicamente in mezzo a un gruppetto di ragazze così quando partiva il casino non mi menavano molto e queste alla prima nota si sono trasformate in indemoniate che mi han preso per ore a gomitate negli organi nobili [che io mi ricordo pensavo Al limite volevo morire su un palco, mica di fronte]), i Soundgarden (approfitterei per dire Mi spiace, Soundgarden, che vi abbiamo tirato i sassetti della ghiaia [che dalle casse si sentivano i "tic tic" sui piatti della batteria], perchè in generale suonavate benissimo tranne il bassista che era più di là che di qua [e poi quando sbagliava di continuo e noi pubblico rumoreggiavamo non doveva proprio farci il gesto dei soldi come dire "Voi avete pagato per essere qui"; dopo ci credo che vi tiriamo i sassetti della ghiaia. E poi, Soundgarden, lui comunque alla fine ci ha tirato addosso il basso -che io non ho mai visto un Fender Precision essere frantumato con quelle velocità e foga- per cui mi spiace ma mi sembra che siamo pari.]), i Pearl Jam (che siamo arrivati fuori da questo posto enorme dove c'era il concerto -vicino a una città grigia grigia- tre ore prima e mentre aspettavamo fuori, a gruppetti, al di là delle transenne [a una ventina di metri da noi] c'era della gente che giocava a pallone e un po' goffamente si passavano la palla. A un certo punto la palla gli rimbalza male, supera le transenne e mi rimbalza vicino, allora si avvicina a cinque-sei metri uno di quelli al di là delle transenne [aveva un giubbotto semiaperto e vedevo una freccia bianca sulla parte alta della maglietta nera, gli occhiali da sole e un berrettone], alza la mano e quando vede che lo guardo mi indica la palla. Io ho pensato Adesso ti faccio vedere come giochiamo noi italiani, adesso palleggio e te la mando lì giusta giusta poi invece mi son detto Va là non facciamo figure, che ho gli anfibi, l'ho solo stoppata e tirata con un piatto comodo comodo e lui ha alzato di nuovo la mano come dire Grazie e io ho alzato la mano come dire Tranquillo [però pensavo Te non dovresti essere dentro tipo a montare il palco o attaccato a un mixer?]. Poi son passate tre ore e Eddie Vedder è salito sul palco da solo con una chitarra per fare The Kids are alright degli Who prima del gruppo di supporto, perchè Eddie Vedder è un signore ed è fan degli Who. E Eddie Vedder aveva la maglietta del Live at the Marquee degli Who uguale alla mia [che me l'aveva portata la mia ex ragazza dell'epoca da Londra quando non era ex e che poi mia madre avrebbe buttato via, al che io ho pensato che volevo buttare via lei ma poi ho cambiato idea] e un berrettone. E la maglietta nera di Eddie Vedder aveva -come la mia- in alto la freccia bianca della scritta The Who e allora io ho realizzato e ho detto al primo che ho trovato di fianco a me Tecnicamente, ho giocato a pallone con Eddie Vedder e questo [che era uno sconosciuto] mi ha detto Tecnicamente, va a cagare) e altri gruppi che non sto a dire se no sembro verboso.
A un certo punto viene fuori che i Nirvana venivano in Italia e quelli del gruppo mi dicono Andiamo? e io rispondo No guarda, vorrei tanto ma non ci sto dentro, che devo ridare trentamila lire a mia nonna, sarà per la prossima volta che i Nirvana vengono in Italia e loro sono andati.
Poi Kurt Cobain si è sparato nella faccia e tutti eravamo piuttosto dispiaciuti, io particolarmente (però ero pure contento perchè avevo ridato le trentamila lire a mia nonna Gina, anche se non le voleva e avevo fatto fatica a restituirgliele).
Da quella volta, son convinto che, se c'è qualcosa dopo la morte, quando muoio se incontro Kurt Cobain non faccio in tempo a dirgli Ma che cazzo Kurt capisco tutto ma avevi una bambina e poi se ti spari nella faccia, non ce n'è, mica lasci un bel cadavere che lui mi interrompe e dice Mettiti a sedere che tua nonna ha trattato e sorriso e ancora sorriso e trattato finchè non ho accettato di suonare per te due ore, quando t'avrei incontrato. M'ha dato quindicimila lire.

***

Questo scritto autobiografico pieno di rock star, incidentali, parenti e parentetiche è dedicato a Donato (molto) e a Francesco (molto molto molto). E alle loro nonne.