giovedì 26 aprile 2012

Va là, tugnino

Allora, ieri era il 25 Aprile anche a Rimini, dove abbiamo una piazza che si chiama Piazza Tre Martiri.
L'anno scorso avevo avuto la botta di culo di partecipare un pochino a scrivere questo libro, e ieri  un contrabbassista , in occasione di questo e con dietro delle ragazze che poi avrebbero cantato, ha preso un microfono e ha letto quello che ho scritto l'anno scorso, non lontano dalla piazza che abbiamo noi a Rimini, quella che si chiama Piazza Tre Martiri.
Quando il contrabbassista è partito a leggere e mi son reso conto, in una frazione di secondo m'è partito un caldo dentro che s'è spalmato contro le mie pareti interne e mi sono sentito come spostato di mezzo metro indietro.
Devo anche aver spalancato gli occhi, mi sa che non ero un bello spettacolo, da vedere.
Il pezzo era questo qui


Va là, tugnino
 
Va là, tugnino. Te non ce l’hai, questa fortuna.
Te, ti tocca morire lontano da casa, che tra un po’ arrivano gli americani. Oppure ti va peggio e ti tocca vivere e ricordarti cosa ci hai fatto.
Tugnino, ma te, lo senti quest’odore? Questo è il mio mare, non è il tuo. E’ il motivo per cui sono scappato da quel treno su cui mi avevi caricato quando m’avete preso la prima volta e son comunque tornato qui a battermi; è la salsedine che a noi, qui, ci scorre nel sangue.
Non ce l’hai questa fortuna, te, tugnino.
Te per mettere i piedi nel mio mare ti devi togliere gli scarponi e per fare il bagno ti tocca appoggiare il fucile, io quelle onde le ho assaggiate che ero bambino e come ora c’erano dei gabbiani che cantavano di gioia perché li teneva su il vento.
Te li senti, tugnino? Ce la fai, a staccare le orecchie dagli ordini che ti urlano e dai rumori che ti sembrano minacciosi o non ce l’hai, ‘sta fortuna?
Io quando ho dato dei baci avevo i piedi nella sabbia ed era agosto, come ora.
Quindi appendimi in alto in alto, tugnino, che voglio arrivare a vedere il mio mare anche dalla piazza. La sabbia e il mare si mangiano anche le corazze dei granchi, e le fanno diventare sabbia e mare; succederà così anche a me.
Va là, tugnino. Te non ce l’hai, questa fortuna.





“Tugnino”, in romagnolo “tugnìn”, significa “tedesco”.

Così –il 16 agosto- morì Luigi, che era stato catturato dai nazifascisti, assieme a Mario e Adelio. Imprigionati e torturati, non rivelarono i nomi dei loro compagni. L'impalcatura della forca era ancora lì quando –il 21 settembre- la città fu liberata.
L’esecuzione dei tre partigiani fu annunciata da un manifesto firmato dal capo del fascio. Qualcuno, tempo dopo, scrisse “Tutta l'acqua passata sotto il ponte di Tiberio non basterà a lavare l'infamia.

sabato 14 aprile 2012

La Polena

Per essere un capitano, è ancora giovane, ha sete fresca di cicatrici e tesori, ma ne ha visti parecchi, di abbordaggi.
Gli altri si dividono in quelli che raccontano quanto sono cattivi, mostrando la palla di vetro che hanno sotto la benda o la gamba di sedia che hanno dal ginocchio in giù, e quelli che stanno zitti e lo vedi anche solo da come si arrotolano le maniche o camminano sul ponte, che sono cattivi.
L'acqua salmastra portata dal vento schiaffeggia tutti, democratica.
Chi ha un ferro nella pancia o un proiettile col suo nome scritto sopra già al prossimo assalto, chi verrà impiccato, chi finirà in acqua per le allucinazioni da febbre, chi avrà la fortuna di avere un pubblico sotto la forca e anche quelli che a un certo punto smetteranno di sentirsi chiamati dalle sirene e apriranno un bordello in qualche porto.
La polena è come sempre l'unica donna.
Fa quello che deve fare, guarda il mare e rompe le onde, procace.
E anche di più.
Noi non ce lo diciamo, ma ce lo vediamo negli occhi, ogni volta in quelli di chi ha fatto il turno di notte. La polena le onde le sa a memoria, e allora s'annoia e guarda il mare dentro, quello che ha sotto e quello che ha dentro chi è al timone.
E la sentiamo, di notte, come un sussurro tra le onde, un sibilo tra i rumori del legno, parole in mezzo al flautare dei bordi delle vele che scodano.
Noi non ne parliamo, non lo sappiamo se parla così tanto a tutti, noi siamo cattivi e non abbiamo paure.

"Forse hai davvero sbagliato di qualche grado. Forse ho davvero di fronte degli scogli."

"Prima o poi se ne accorgeranno, di come li guardi il mozzo mentre si lava."

"Giurerei che quella botte in cui ho sbattuto veniva da un galeone della marina militare spagnola."

"Posso vederlo anche ora che è notte. Stai pisciando sangue."

"Qui sotto ce ne sono 27, come te. I loro corpi sono ancora nello scafo poggiato sul fondo."

"Siamo in mare da tre mesi. No, lei non ti aspetterà."

La polena, ogni tanto, ride di noi con la luna.
La polena è l'unica donna, non sta mai zitta.