mercoledì 16 maggio 2012

Lilla

Mio fratello si sposa. Delle volte lo fanno, i fratelli e beh, questa volta tocca al mio. Io sono andato a comprarmi un vestito. Lì al negozio ho incontrato per caso i miei nel senso di genitori mentre ero premeditatamente coi miei nel senso di moglie e figlio grande e abbiamo deciso che mio padre mi avrebbe accompagnato a casa mentre mia moglie, con mia madre e mio figlio (certo che ci sono un sacco di aggettivi possessivi, qui) avrebbero continuato a cercare vestiti. Il mio è di lino blu scuro. Allora ho osato la camicia violetta, per spezzare. "Che col grigio, son capaci tutti." pensavo mentre ero seduto in macchina di fianco a mio padre. La cravatta poi è un capolavoro di abbinamento, la cravatta ha note blu come il vestito e bande trasversali composte da sottili righe azzurre. Come sfondo, la cravatta
"Scusa un attimo -dice mio padre- lì, quel campo, è pieno di bombe. Ci stavano i nonni durante la guerra, in quella casa là. Hanno bombardato un sacco e molte bombe son cadute sulla terra già smossa e non son scoppiate. Una volta la nonna stava tornando a piedi con lo zio in braccio, era andata a prendere il latte dai vicini, son passati gli aerei e si è trovata con in un braccio lo zio che piangeva perché una scheggia di proiettile l'aveva preso di striscio e con l'altra mano stringeva il collo della bottiglia di latte rotta. Erano passati i caccia bombardando e sparando e lei e lo zio si erano trovati esattamente in mezzo a una sventagliata, senza venire colpiti dai proiettili."

Lilla. Come sfondo, la cravatta è lilla.

mercoledì 9 maggio 2012

Disturbo dissociativo di diecimila identità

Alle elementari, mi ricordo che ero pettinato con la riga e i capelli stirati anche se di mio sono parecchio ricciolino, avevo gli occhiali e mi chiamavano "Il dottorino", perché stavo combinato così ed ero il primo della classe, come da mandato genitoriale.
Mi stavo sul cazzo da solo.
Come libertà, mi sfogavo nei temi.
Poi la mia maestra ha convocato mia madre e le ha chiesto se per favore potevo fare qualche testo libero o componimento più serio e/o canonico.
Di lì, un fiorire di "il mio compagno di banco è simpatico e veste sportivo..." e "la mia mamma è magra e sempre elegante...".
Delle medie non ricordo nulla perché ho una psiche piuttosto funzionale, ma scrivevo quello che si aspettavano e gli andava bene.
Al liceo, qualsiasi cosa scrivessi passava in secondo piano perché portavo la camicia fuori e guardavo fisso fuori dalla finestra. In effetti, quando mi distraevo dal portare la camicia fuori e guardare fisso fuori dalla finestra, iniziavo a fare un casino che non agevolava né la tranquillità della classe né la didattica. La didattica, quella troia.
All'università, non si scriveva, si leggeva.
Mi son stagliato sul panorama letterario di internet qualche anno fa, partendo con lo scegliere, a mo’ di dichiarazione di intenti sulla mia intera produzione, un nick quasi illeggibile.
Adesso, m'han detto tipo "Vuoi scrivere qui, con questi qui?" e io ho detto "Orca boia!" e allora ecco, oh miei 5 lettori!, mi ci trovate assieme a Azael, Coqbaroque, Demerzelev, Giggi, Lowerome, Mix, Spaam, Waxen e Woland, in una rubrica che si chiama I monologhi della Latrina, che mi sembrava un titolo elegante.

Il posto si chiama Diecimila.me.

Vi prego, qualcuno lo faccia sapere alla mia maestra delle elementari.