giovedì 31 ottobre 2013

Che cazzo gli vuoi dire.

Fa mare. Grosso. Vado a prendere il barbiere e vedo se mi accompagna a prendere un caffé - penso, raggiugendo il parchetto sul lungomare - però prima mi fermo a vedere se ho ormeggiato bene, se il moscone è ancora lì. Però non lo vedo, ci sono le dune grosse che buttano su in inverno per salvare la spiaggia, bisogna che salga sul muretto vicino alle panchine.
Così li vedo arrivare, lenti e curvi. Anch'io vado via curvo, però poco. Infatti a me è morta poca gente, invece loro sono vecchi, a loro ne è morta tanta, e sulle loro spalle ci sono molti più ricordi da portare.
Un vento spione mi porta i loro discorsi mentre sto in piedi sul muretto e loro s'impanchinano, e viene fuori che uno dei due sta diventando cieco, velocemente, che i medici gli han detto che ormai non si può fare niente, e se ne sta lamentando con l'amico.
Che cazzo gli dici, a un amico che ti racconta quasi commuovendosi una cosa così? Cosa gli direi, io? - penso - Tutte cose che rassicurano me che rispondo, probabilmente. Che non si butti giù, che non faccia così, che la medicina - oggi - non si sa mai! Oppure che potrà ricordare, che ha avuto ottant'anni per riempirsi gli occhi del vestito d'argento dei pesci, del bianco delle onde che sorridono increspandosi al largo, delle bandiere rosse che crollano dopo il vento da nord - est, e tutti a correre perché vuol dire che tra poco arriva burrasca grossa. Tutte cazzate che servirebbero solo a me che rispondo, insomma, e che potrebbero pure peggiorare l'umore del mio amico.
Il moscone è ancora lì.
L'altro, il vecchio che ascoltava in silenzio, "Stai tranquillo - gli ha detto - Occhio non vede, cuore non duole."