martedì 26 ottobre 2010

Dune

Dice che stavano lì seduti ad aspettare, col bambino che gli giocherellava intorno.

Dice che uno ha guardato quell'altro e gli ha detto Almeno qui, dai, togliti quell'asciugamano dalla testa.
Dice che quello l'ha tolto e gli ha detto Pure tu, levati quegli occhiali da sole, che qui il riflesso mica dà fastidio.

Dice che s'è tolto gli occhiali da sole e ha detto all'altro Te adesso cosa fai? Io se riesco mi avvicino a casa, che magari c'è mio nonno che mi aspetta.
Dice che quell'altro ha risposto Non lo so di preciso, ma francamente mi aspettavo più vergini.

Dice che son stati zitti un po' e che poi non si sa chi dei due ha detto all'altro Alla fine, poi, chissà chi vince.
Dice che il bambino si è fermato, li ha guardati e ha detto Noi tre, no di sicuro.

martedì 19 ottobre 2010

Blasfemia a modo

No, comunque io volevo esprimere la mia solidarietà nei confronti dello Spirito Santo.
Esso, soprattutto fra i non credenti, non se lo fila nessuno nemmanco nelle bestemmie; dove altrove è un gran proferire di Cristi, Dii e Madonne diversamente declinati, lo Spirito Santo non viene cacato del minimo striscio.
E io me lo vedo, povero, che un po' si macera, lì nell'angolo, e non se la può prendere che pure la Madonna lo surclassa anche nelle bestemmie, quella lì, che nasce ragazzina ingenua al confronto di Esso, che esiste nella trinità dal tempo del Padre e del Figlio ma che al cospetto degli altri tre fa la figura di Ringo Starr nei Beatles, di Adam Clayton negli U2 se non addirittura di Chad Channing nei Nirvana, di quello che insomma ha avuto la botta di culo di trovare il gruppo giusto.
Ogni partita persa al novantesimo, ogni colpo di gomito su uno spigolo, ogni coniuge colto in flagrante, io me lo vedo, lo Spirito Santo che spera e che invariabilmente viene deluso. Ignorato.
Una volta ci s'è andati vicino, si trattava della chiusura di delle dita in un cassetto, c'eravamo quasi, lo Spirito Santo aveva avvertito che stava per partire una bestemmia non convenzionale ma... niente, oh, niente; si preferì tirare in ballo quel fricchettone di Buddha.
Allora io vi dico, oh voi che bestemmiate: fatelo se vi pare, ma basta, basta, basta discriminazioni.
Un po' di equità, di riconoscimento, di educazione, Madonna del Cristo d'un Dio.

domenica 17 ottobre 2010

Serrature

Nell'ingresso ho questa scatolina di legno appesa al muro con un chiodo, che contiene le chiavi.
Quando la apro per prendere le chiavi che mi servono per aprire, chiudere, partire o far funzionare, il peso dello sportellino fa tutta stortare la scatolina, che sembra debba cadere da un momento all'altro.
Allora penso che la gente delle volte somiglia a quella scatolina, dato che quando si devon tirar fuori le robe che servono per aprire, chiudere, partire o far funzionare, si storta tutta e sembra che debba cadere da un momento all'altro.

giovedì 14 ottobre 2010

Patri Arca

In quel tempo Dio andò da Noè e gli disse Non va mica bene qui, adesso inondo tutto, però tu e i tuoi prendete una coppia per ogni animale, salite su un'arca grossa grossa e dopo che è finito il casino scendete e ripopolate la terra e Noè disse Va bene e si allontanò con la coda tra le sue zampe da struzzo.
Costruita l'arca grossa grossa, Noè ci fece salire i leoni con le zampe da pecora, le zanzare che nitrivano, le giraffe con le ali, le aquile con la criniera, i serpenti con il carapace e tutti tutti gli altri animali, dopodichè iniziò a piovere di santa ragione e tutto si inondò per tipo un anno.
Sull'arca grossa grossa, dopo un paio di settimane già non c'era un cazzo da fare, e allora tutti iniziarono a accoppiarsi con tutti.
Finito il casino, Dio vide scendere dall'arca grossa grossa bambini con gambe e senza coda, leoncini con zampe nuove, zanzare che zzzavano, giraffine non aeree, aquilotti quasi glabri, serpentelli indifesi e tutti tutti cuccioli di animali che mica erano più come li aveva fatti lui, allora disse Cazzo avete combinato?! Bòn, adesso rimanete così, così imparate.

martedì 12 ottobre 2010

Autocoscienza di Classe

Quindi arrivano queste mail e viene fuori che c'è una cena della classe del liceo e io son contento, anche perchè noi quando si fanno le cene della classe del liceo, alla fine ci siamo sempre quasi tutti e siamo trenta persone che comportansi e si perculano come se non si fossero mai lasciate e non esistesse il lasso in cui son accadute robe fondamentalmente poco importanti tipo lauree, matrimoni, nascite, felicità, lacrime, amici perduti o trovati, trasclochi, morti in famiglia e altre bazzeccole.
Giurerei d'aver visto gente che durante queste cene si passava il compito di latino...

...poi, dato che tutti noi della classe del liceo tra un po' si raschia il culo ai 40, tempo di bilanci, mi sorprendo a pensare che ultimamente mi son visto in un po' di foto e mi son accorto di essermi inciottito un bel po'. E poi ho una situazione lavorativa un po' complicata. Son cose che m'avrebbe messo in imbarazzo, dato che quelli della classe del liceo son in forma e di lavoro salvano vite umane, si stagliano sul panorama letterario del secolo, costruiscono dighe e ponti, difendono gli umili, abbelliscono il mondo o fan risparmiare soldi a chi li ha già...

...allora mi dico calma, mi dico, e mi metto a considerare che pure io insomma mi sarò pure inciottito ultimamente ma ho fior di motivi per giustificare il fatto che, di mio, tendo a tenere la testa alta. Nell'imbarazzo della scelta tra quali motivi di tener la testa alta voglio spingere maggiormente alla cena della classe del liceo, si contendono la palma l'aver creato una famigliuola piuttosto felice con una donna che quella li non si capisce mica come è messa inteso quasi sempre in senso positivo e il girare molto da e con amici per ciò che si scrive o si disegna...

...tale imbarazzo scema allo sciogliersi del dubbio, ah-ah!, perché poi pure i miei commensali alla cena della classe del liceo han magari fior di famigliuole e magari girano parecchio, quindi al bivio tra piccolezze come gli affetti della famiglia o la passione di scrivere o disegnare si fa strada il motivo di fierezza.
Sapete che c'è, commensali alla cena di classe del liceo? Io ho i capelli. Io ho ancora i capelli e sono ancora neri e ricciolini, avete voglia, voi magrolini, stagliarvi su panorami letterari, salvar vite, abbellire mondi...

...e poi c'è che son felice. Lo so perché son ciotto, ché io se non son felice dimagro a palla e mi saltano fuori pettorali dovuti a anni di stiracchiamenti, addominali frutto di quotidiane corpose cacche, deltoidi che non lo so ma il pistolino no, non mi varia, mica son donna che se dimagro mi si riduce la tetta, quello mi permane. Col fatto poi che faccio espressioni in tempo reale su ciò che penso, per dirla tutta, m'injhonnydippo anche un po' e non sto bene e guardo un po' torvo e così mi circondano delle donne e io me ne torno felice e via a inciottirsi...

 ...sì perché io non son inciottito, io c'ho addosso un memento della felicità, strati di souvenir di momenti belli; io vesto salsicce sarde mangiate alle quattro di notte con quegli amici, saraghine ai ferri di fronte alla spiaggia con quegli altri, pizze con quegli amici là, gulash prima di quella festa, sughi olive e salsiccia con altri amici dopo la tempesta perfetta, panbiscotto e zuppa da quegli altri là, cous cous a casa di quegli amici con gli altri, pasta al pesto modificata a casa di quell'altro amico, tagliatelle e gnocchi fritti con quegli altri amici...

...poi mi provo qualcosa da mettere alla cena della classe del liceo e non entra, così dico tipo ma vacca troia e penso che magari, se c'ho piacere di avere tanti bei ricordi, d'ora in poi faccio più fotografie.

domenica 10 ottobre 2010

Romodena

Son tipo da poco andato un giorno e tornato il giorno dopo sia da Roma che da Modena.
Per chi non maneggia il concetto "Roma", è un posto dove buttavano su imperi, acquedotti e codici giuridici mentre i miei antenati, qui, cercavano di tenere le ginocchia fuori dal fango della palude e di non prendere la malaria.
Qui era anche abbastanza sentito dai miei antenati il tema di non farsi trombare da qualche ottomano sbarcato a razziare (che poi, vedendo i miei zigomi e capelli, direi che qualche trombata ottomana a buon fine, da 'ste parti c'è stata).
Per chi non maneggia il concetto di "Modena", è un posto dove i miei antenati non si sarebbero trovati come nel posto "Roma", ma di sicuro meglio di qui, mi sa.
Comunque, da questi viaggi ho evinto molte robe miste, di cui:
  • sfoggiare portatili in treno innesca una gara in cui le regole son come quelle delle gare di virilità, però son invertite, ché vince chi ce l'ha più piccolo
  • 80 centesimi 80 per fare pipì in stazione, ti dispiace non ti scappi anche la cacca
  • io, se una signora mi parla con quell'amore di gnocchi fritti e di robe emiliane cucinate, mi trovo in una situazione pericolosa perché mi viene da limonarla
  • la statua di Leonardo da Vinci che c'è fuori dalla facoltà di Ingegneria della Sapienza, per me, in realtà raffigura un personaggio di Star Trek vecchio e con la barba
  • gli scrittori emiliani leggono con una cantilena ipnotica che te uccideresti pur di avere subito del Lambrusco
  • forse se sei seduto e ti fotografano e si fermano i gruppi a vederti, non è il caso di arringare la folla e concedere autografi, bensì di spostare il culo dal muretto con lapide "Basamento del colosso di Nerone"
  • mi voglio far tatuare addosso il concetto pignagnoliano che i dottori avevano detto a uno che se mangiava un'altra fetta di mortadella, moriva
  • la reliquia Catena di S. Pietro in Vincoli è bella ma non mi sembra il caso di esporre una catena, per quanto uno fosse bravo in salita
  • Modena sta tipo a 10km dall'appennino e non mi spiego l'acredine che nutrono nei confronti dei cinghiali
  • essere un Sociologo nell'aula di informatica di Ingegneria, sembra di essere il protagonista di "Io sono leggenda"
  •  essere un cinghiale nella val Padana sono cazzi tuoi perchè sei in campo aperto e tutto attorno c'è della gran gente che sa fare le tagliatelle
  • mi dicono "Guarda, c'è Bondi" e io faccio il pensierino che sorrido per non piangere, poi viene fuori che avevo capito male e che c'era Boldi, ma il pensierino regge lo stesso
  • se si è in macchina, astigmatici e con un sacco di sonno, ti può capitare di dire "Va' che bello quel locale con le vetrate e un sacco di gente" indicando un autobus
Comunque, si vede che quello lì è il centro del mondo.
Però pure a Roma, c'è movimento, dai.

lunedì 4 ottobre 2010

My generation

Porca puttana. M'è uscito lungo pure questo. Scusate, eh .


Due giri di lacci agli anfibi, un nodo e le calze sopra. E' fatica, con il fiato spezzato, le pulsazioni accelerate e i capelli sulla faccia.
I miei capelli arrivano al petto e sono indispensabili, perché mi proteggono. Posso avere davanti al palco anche qualche centinaio di persone, ma ho tra me e loro il mio basso e i miei capelli.
Il fruscio elettrostatico che proviene da quel golem del mio amplificatore e delle casse, a sinistra, fa sembrare che il palco russi finché noi quattro non decidiamo di svegliarlo, finchè la musica take away -che mi appare bassa e remota- che hanno messo su per cambiare dal setting del gruppo che ha suonato prima di noi al nostro non cederà il posto alla nostra musica, da consumare calda e subito.
A destra, c'è tutto. C'è la scaletta (un tipetto volubile ma che si vuol far rispettare), c'è la pedaliera degli effetti che, orizzontale e con le sue lucine al posto giusto, fa la seducente col microfono in cima all'asta che la sovrasta. Poi ci sono le casse-spia a far da scogli prima del reef della fine del palco, oltre il quale inizia la stesa di spalle e teste ora in bonaccia e che inizieranno prima a ondeggiare e poi a pogare in tempesta.
La gente, io, la gente non la guardo. Lo so già, chi c'è.
In prima fila ci sono quelli che ci vengono sempre a sentire e, dal mio lato, i bassisti giovani che baderanno le diteggiature, gli effetti e i trucchi, che mi hanno offerto da bere e da fumare, certi prima del concerto e certi che me l'offriranno dopo. In fondo o al bancone, altri gruppi e bassisti pari livello, di quelli con cui si fanno le serate a suonare nei locali, si beve e ci si consiglia nel comune tentativo di mettere un po' di Seattle in mezzo alla piadina e al vino.
Io penso Chissà dove saremo, chissà come ce lo ricorderemo, io mi sa che non ci arrivo al 2000, che mancano ancora un sacco di anni, I hope I die before I get old.
In mezzo, tanta gente. Sorrido, perché penso che se stai su un palco a far del rock al volume buono e giusto, ti puoi permettere di scorreggiare davanti a un sacco di persone e nessuno si accorgerà di nulla.
Dietro, ho la quinta e -a 2 o 3 metri dalla testa- i tre fari di diverso colore che renderanno ancora più calda la mia serata e il mio braccio destro che, appoggiato al corpo del basso, inizierà anche grazie a loro a formicolare bloccandomi progressivamente la mano, se non ho fatto gli esercizi di riscaldamento come si deve per bere altra birra.

Poi rimango inginocchiato, stacco le mani dai lacci e lo sterno dal basso e guardo davanti.
Guardo loro.

Mi guarda a sua volta -però, di tre quarti- e sorride, Petermann, con il mento alto, una mano a giocare con una bacchetta e l'altra a sbilinare con chiavette strane del charleston o dei tom. Sente la tensione, ma mi dà sicurezza. Siamo molto diversi; lui è già un uomo mentre io I hope I die before I get old e spesso non ci prendiamo come idee, ma sul palco siamo la cazzo di sezione ritmica e lo siamo da parecchio, e si sente.
Il suo colpo di rullante cade quando cade la mia ditata forte sulla corda, e assieme facciamo un muro che fa cadere i bicchieri dagli amplificatori e alzare i culi dalle sedie. E ci fidiamo di noi.


GG, nato il giorno dell'anno in cui è morto Jimi Hendrix, non mi guarda. Probabilmente -penso- perché mi ha già visto in tutte le salse, anche un sacco di volte che a colpi di troppa vita sembrava che io cercassi di I hope I die before I get old. Accorda, muove le misteriose manopoline che stanno aggrappate alla testata del suo amplificatore e calpesta il sentiero invisibile da lì alla pedaliera dei suoi effetti (disinvolta nei confronti del rispettivo microfono quanto la mia). Ci siam visti crescere e, se le birrette sono state un numero consono, siam capaci di trasformare i secondi tra pezzo e pezzo in minuti di cabaret.

Babs, che sta in piedi in mezzo a un palco, tra lei e la gente non ha niente se non la sua voce. La guardo mentre salta, cammina, si aggira consumando i secondi prima del'inizio in un' inconsapevole ed iperattiva danza propiziatoria. Dicono che sia figa, soprattutto sul palco. Io non lo so, io ci ho avuto troppo a che fare; non è più una femmina, per me, è una del gruppo. Però da come la guardano quelli sotto il palco, mi sa che quelli che dicono che sia figa c'han le loro ragioni. Poi, tra poco, tira fuori quella voce e questi qui davanti se li porta dove vuole.

Me ne sbatte il cazzo. Ho il fiato spezzato, le pulsazioni accelerate e i capelli sulla faccia. Io mi alzo in piedi a farmi schiaffeggiare dai faretti e voglio solo sentire il rullante nel petto, la cassa nella pancia, la distorsione della chitarra e la melodia delle voci, mentre cerco di restare in piedi nonostante il suono e lo spostamento d'aria prodotti dal legno che ho tra le mani e dal mio ampli.
Io voglio essere travolto dall'onda sonora distorta e smettere di pensare, voglio che succeda anche questa volta che noi quattro non si sudi ma che su 'sto cazzo di palco si brilli, io voglio I hope I die before I get old.

Si ferma la musica precotta.
Si batte quattro.
Si parte.

venerdì 1 ottobre 2010

Dicono di loro

Dicono che la Maria e Quinto si erano sposati in fretta subito dopo la guerra.
Il fronte si era fermato qui un bel po' e quindi, modestamente, si era stati bombardati di santa ragione; finita la guerra, c'era una gran voglia di vivere normalmente e un gran bisogno di bambini a cui dare i nomi di chi si voleva ricordare.
Dicono che la Maria era un donnone alto, con fianchi larghi per far figli sani e braccia grosse per tirar piadine, mentre Quinto era basso, magrolino e zoppicava pure un po' per via della gamba sgaffa.
Quinto, però, si metteva le spalle larghe delle giacche già passate dai fratelli più grandi e più robusti e così riusciva a sembrare meno mingherlino.
Dicono che la Maria e Quinto, prima di sposarsi, non si fossero mai toccati più di tanto, ché non stava bene e c'era sempre la mamma di lei in mezzo, la sera, quando facevano la veglia a casa di qualcuno; forse un bacio, quando si sono fidanzati, forse altri quando la mamma di lei faceva finta di distrarsi.
Poi si son sposati e quella notte Quinto si è spogliato al buio e ha raggiunto la Maria a letto.
Dicono che allora la Maria ha svegliato mezzo paese, urlando in dialetto a Quinto di raggiungerla subito perchè le era caduto addosso il crocifisso.


En passant, Quinto era il quarto di questi qui.