giovedì 27 ottobre 2011

Delle volte capita di morire

Chiedo scusa, ogni tanto mi scappa da essere serio.
E' morto un motociclista famoso, di recente.
E' morta anche un sacco di altra gente, ma non ha avuto la stessa eco mediatica del motociclista, che era molto giovane, amato e conosciuto; io non lo conoscevo granché perché non seguo gli sport, però mi pare un tipo simpatico e mi piace, anche perché è nato molto vicino a dove sto io e parlava un romagnolo come il mio, se non ancora più accentuato.
Insomma, ultimamente ho sentito e letto molte volte le solite frasi: "se ne è andato", "ci ha lasciato" o robe simili.
Io non sono mai stato d'accordo con queste frasi, però non mi sembrava il caso di dirlo, perché venivano usate in occasioni luttuose private e quindi non mi pareva adeguato stare lì a puntualizzare.
Per cui, approfitto del carattere "pubblico" di questa morte per dire la mia su queste espressioni che si usano abitualmente in queste tristi occasioni, su modi di dire che proprio mi infastidiscono.
Queste persone non se ne sono proprio andate, nè ci han lasciato: sono morte.
Non hanno potuto scegliere, non sono andate di loro volontà altrove, non sono la mia fidanzatina del liceo, che mi ha deliberatamente lasciato.
Se avessero potuto, probabilmente avrebbero tirato avanti fino ai cent'anni, ma non han potuto perché gli è toccato morire.
Se qualcuno se ne va da un'altra parte o mi lascia e la cosa non mi rende felice, io non ne penso un granché bene; ma questo vale se queste espressioni non si usano riferendosi ad un defunto.
Però ci aiuta, con i morti: son forme che ormai son date per assodate, ci han lasciato, son andati via, e noi li amiamo lo stesso, nonostante questa loro volontà anche solo linguistica di andarsene, di lasciarci, che comunque ci aiuta un minimo ad allontanarci da loro, a continuare a vivere.
Ma no, non se ne va nessuno, non ci lascia. E' che gli tocca morire, e il più delle volte non ne ha responsabilità, mentre a noi tocca vivere, e secondo me ci toccherebbe prendercene la responsabilità senza tanti giri di parole.

lunedì 10 ottobre 2011

Allons enfant

Allora, io ho questo negozio che mi veste bene perché è piccolo come me, dove vendo le robe franScesi, le borse franScesi, i portafogli franScesi, le scatole di latta, gli accessori e gli ombrelli e le pochette e quaderni tipo moleskine e album per foto e specchi da borsetta e tutto tutto o quasi molto franScese.
E ho trovato della roba nuova, molto bella e franScese e ne ho comprata per Scentinine di iùri e mi è arrivata che era la metà di quella che doveva essere.
E il commerciale non rispondeva e il corriere non ne sapeva e ho pensato in corsivo (perché io penso in corsivo) A-ah ma che vi credete, io vi seguo fino alla tana, io le robe che ho pagato le voglio sul tavolo come la lattina dell'Olio Sasso, adesso, che vi credete, franScesi, io parlo inglese e franScese e mi faccio capire male uguale in tutt'e due e adesso vi seguo fino alla tana e ho telefonato in FranScia.

Tuuuuut. Tuuuuuut. Tuu-
"P...p...prònto?"
"Ello. Sgie suì Van, gl'appél par l'Italì... Parlonnnù in franScé u in anglè?"
"Come preferishsce, sce vuole parliamo italiano."
A-ah che ti credi signorina con la voce vellutata gentile, di mettermi sotto? Io parlo franScese...
"Osciurduì, il a etè la livresòn me sont arrivè la meté...mh, la demie de mes scioses... Quescqu'il pass?"
Giustificami questa, signorina gentile dalla voce vellutata gentile gentile, a-ah!
"Talvolta consCegnano in due volte. Arriva domani, il resto della consegna. E' strano, ma lo fanno, mais ha fatto benissimo a chiamare. Verifico subito e poi le telefòno, Emanuele. ...va bene?"

Poi ho avuto questa visione di me come gatto Silvestro quando passa la gattina bianca franScese, che si solleva di mezzo metro dal suolo e la segue a naso in alto e occhi socchiusi, e pensavo Vuoi che mi paracaduti dietro le linee nemiche, in una Parigi occupata? Vuoi che mostri il petto al cecchino nemico, sulla linea Maginot? Vuoi che ti regali un'altra volta la Gioconda?
Non c'è problema, basta che me lo chiedi con quella vocina e con quel modo.
Tutto, tranne mangiare lumache. Credo.

"Ah, s'é parfé... Sì, sì, va benissimo. Non ti preoccupare, mandami una mail, se credi. Hai la mia mail?"
Come è successo che siamo passati al "tu" e che io ora parli italiano?! Vabbuò.
Poi ho iniziato a dire la mia mail e lei ha finito di dirla insieme a me, all'unisono. E ha riso. Un po' anch'io, all'unisono, ma mi sa che sembravo scemo. Di sicuro, più scemo di lei.

Mezz'ora dopo mi arriva questa mail "Gentile Emanuele [...] Tutto bene [...] Grazie mille [...] Chiamami quando vuoi [...] Ti saluto cordialmente.".

Ho capito, perché questi qui hanno fatto la rivoluzione e noi no.