C'era 'sta panchina, che poi l'han tolta, e c'erano 30 anni, da oggi.
Sulla panchina sul lungomare da aprile a settembre vivevano Leone, Gocci e Pistola, che erano vecchi, e tacevano tra di loro guardando dritto e ogni tanto si vedeva una delle bocche muoversi e le altre due ridere.
Leone aveva un sacco di capelli, di barba e di peli ingiustificati che gli abitavano le parti scoperte del corpo, e velavano una pelle solcata come il greto di un fiume in secca. Non l'ho mai sentito parlare, l'ho sentito sbadigliare e ridere che sembrava un temporale in avvicinamento, con il palmo destro sul bastone tra le gambe allargate e il palmo sinistro sul dorso destro.
Fermo, zitto e ipertricotico.
Leone, appunto.
Gocci aveva un indice rotto da piccolo e mai steccato; aveva calcificato male e rimaneva sempre dritto, ma non l'aveva mai puntato contro nessuno. Aggiustava le biciclette, nel tempo libero che la panchina gli lasciava, e che ci mettesse 10 minuti o 4 ore, sul sellino il prezzo della riparazione scritto a gesso era sempre 200 lire. Poi gli han detto che era poco, e allora era sempre 500.
Una volta in vespa aveva perso la moglie al passaggio a livello e se n'era accorto a casa.
Pistola aveva una coppola e una moglie che andava in giro con la cassetta del pesce sul manubrio, a vendere, però non ci andava d'accordo e allora di giorno da ottobre a marzo viveva nella cucina di Gocci. Però non parlava tanto e allora stava seduto zitto e fermo di fianco alla macchina da cucire, faceva parte dell'arredamento. Gocci delle volte si girava verso di lui e gli diceva "Pistola, bisogna che ogni tanto ci vieni a trovare." e lui rispondeva "Eh, ogni tanto verrò." Pistola non lo so come si chiamava davvero, noi bambini lo chiamavamo "Signor Pistola", e lui si stimava tanto.
La panchina poi l'han tolta quelli del Comune, ma tanto Leone, Gocci e Pistola erano morti da quel po', e tra l'altro in quest'ordine. Qualcuno di qui ne ha svitata un'altra dal suo posto, presa in prestito e messa lì, dove è ora e non la tocca neanche il Comune, perchè lì da aprile a settembre vivevano Leone, Gocci e Pistola.
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il signor pistola! :)
RispondiEliminache meraviglia.
Io quella panchina la guardo sempre, la bado perchè non la portino via. Quando sarò vecchia con i peli ingiustificati, le voglio anch'io le signore pistola con me, e voglio guardare il mare da lì facendo sera.
RispondiEliminaIo li vedo ancora lì, a Pistola e Gocci e Leone. Chissà se sarebbero felici, a lasciarmela in eredità.
(Te Van hai già il tuo nome scritto sopra)
Ok, ammettilo, sei tu che scrivi i libri di Stefano Benni :)
RispondiElimina@ la roscia: esatto, con l'articolo determinativo.
RispondiElimina@ Lia: hey cosa fai sulla mia panchina?! No, dai, va bene, per me tra l'altro ne sarebbero felici.
@ Waxen: grazie, è uno dei più bei complimenti che mi abbian mai fatto.
... E Quinto...
RispondiEliminaPs: una volta in vespa anche mio padre s'era perso mia madre incinta di me al passaggio a livello, ma se n'è accorto subito perchè lei s'è messa a urlargli dietro.
Pensa te, Vanì; quel Gocci, invece, era mio nonno. :)
RispondiEliminaA sto punto ci manca che lo svitatore di panchine fossi tu e abbiam fatto filotto...
RispondiEliminaSono commosso dal racconto...Ama
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