Il giorno in cui i poeti iniziarono lo sciopero a oltranza, in molti sottovalutarono la cosa.
Mi ricordo che misero giù le penne e incrociarono le braccia, poi scesero nelle piazze e lì scandirono i loro slogan, evitando accuratamente di declamarli in rima. Per loro era difficilissimo non esprimersi poeticamente, facevano una gran fatica.
Durante la loro protesta, poi, i poeti smisero di scendere in piazza e salirono, occupando i tetti e mettendosi tutti lì, a sedere. E giù di nuovo di slogan, di santa ragione.
All'inizio non successe nulla, non sembrava una cosa in grado di bloccare un paese. Dopo tutti quegli Ah-ah che vuoi che ce ne importi, però, le persone iniziarono a lasciarsi andare a manifestazioni di sensibilità fuori luogo, per saturazione emotiva. La gente iniziò a commuoversi in fila alla posta, o mentre guidava, fino ad avere crisi di pianto e richieste di coccole nei consigli di amministrazione di aziende di rilevanza nazionale o nei rami parlamentari.
Sui tetti, intanto, i poeti avevano smesso con gli slogan perché facevano una gran fatica dato che gli uscivano cose poetiche, per cui se ne stavano zitti e seduti sui tetti a guardare l'orizzonte. Dato che era una cosa molto poetica, si erano organizzati a dire ogni tanto qualcosa di spoetizzante, per cui poteva capitare di sentirli urlare roba tipo Cos'ha fatto il Milan? o Mi passi la chiave del 12?.
Un poeta una volta urlò Non è ancora morto il tuo cane?, ma sembrava una cosa quasi poetica, per cui fu colpito da un calamaio vuoto partito da un vicino tetto, anch'esso occupato da poeti. Per cui, si rimase principalmente sul calcio, sul ferramenta o -al limite e con molta cautela- sulle cugine zoccole.
La situazione, nel paese, andò velocemente peggiorando: le persone si scoprirono dipendenti dalla poesia e incapaci di trovare le parole giuste e il loro ritmo nel veicolare sentimenti ed immagini evocative e continuavano a scoppiare in pianti fragorosi nei momenti meno opportuni.
Il primo segnale chiaro fu il crollo del mercato dei cioccolatini. Il cantautorato si paralizzò completamente. Le mamme, disperate, presero ad addormentare i loro bambini leggendogli l'elenco del telefono (Mamma, mammina, stasera mi leggi la R?). I trasporti saltarono, il paese ben presto fu in ginocchio: smise di funzionare anche il servizio di emergenza di raccolta differenziata emotiva e furono abbandonate dagli autisti in lacrime le ecoballe di sensibilità già raccolte, che in poco tempo produssero liquami che diffondevano rimpianti e sospiri in chi ne veniva in contatto.Si temeva entrassero in contatto con le falde acquifere.
Nel nord-est, ventre produttivo del paese, iniziarono a chiudere i primi capannoni.
Lo Stato cercò di correre ai ripari e il Presidente di Tutto impose norme volte a diminuire il rischio di esposizione alla sensibilità attraverso misure draconiane, tipo il coprifuoco durante albe e tramonti o l'espresso divieto di guardare i propri bambini che dormono. Si chiuse in ufficio con i suoi esperti, anche se ogni tanto si poteva sentire qualcuno che, all'interno degli uffici, singhiozzava di brutto.
I poeti continuavano a stare sui tetti mentre giù erano tempi davvero bui: di notte degli individui senza scrupoli iniziarono a spacciare figure retoriche e qualche disperato si rovinava la salute con chiasmi tagliati male, endecasillabi di dubbissima provenienza e litoti prive di negazioni.
Il mercato nero degli enjambement fece affari d'oro.
Molti si riversarono in osterie fuori mano alla ricerca di qualche anziano a cui sfuggisse della poesia dialettale, anche poca, ma la tendenza ormai era quella di cercare qualsiasi cosa potesse dare sollievo, poesia tagliata male, rime banali, che possono uccidere tipo cuore / amore o Che fine hai fatto / ti sei sistemato / che prezzo hai pagato / che effetto ti fa / vivi ancora in provincia / ci pensi ogni tanto alle rane?// L'ultima volta ti ho visto cambiato / bevevi un amaro al bancone del bar / perchè il tempo ci sfugge / ma il segno del tempo rimane.
Intanto i poeti, sui tetti, continuavano a star lì a sedere e a dire ogni tanto cose spoetizzanti, finché uno di loro obiettò Noi ci viviamo, poeticamente. L'unica soluzione mi sembra essere che dobbiam morire. e propose che si buttassero tutti giù senza avvisare nè dir niente a nessuno. Gli altri poeti lo ascoltarono e uno commentò E' triste e bellissimo, al che tutti insorsero dicendo No, ma infatti, è troppo poetico, dovremmo lasciar perdere di morire. L'empasse si risolse con la geniale trovata di un poeta che riuscì a trovare una maniera per spoetizzare l'estremo collettivo atto proponendo Buttiamoci giù, ma in mutande. e tutti si dissero d'accordo.
Il paese era al collasso e ignaro dell'intenzione dei poeti, quando si spalancarono le porte degli uffici governativi e con gran clamore di sirene e stridore di gomme il Presidente di Tutto partì con il suo corteo di auto. I poeti iniziavano già a slacciare le cinture e calare le cerniere che il Presidente di Tutto si fece dare un megafono e, da sotto i palazzi sui cui tetti s'erano seduti i poeti, disse "Venite giù, facciamo che avete ragione voi e che vi concediamo tutto."
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
bello
RispondiEliminaalle righe finali immaginavo la scena del plotone di poeti sui tetti già in mutande e il presidente giù con il megafono e ho pensato "adesso gli cacano addosso" che di poetico ha pochissimo, ovviamente, ma per fortuna anche i poeti in sciopero hanno un limite:)
RispondiEliminaLa poesia puoi evitarla, cambiare strada se la incontri, girare la testa dall'altra parte, ma è vero: è ovunque. Bella storia, la condividerò.
RispondiEliminaÈ bellissimo!
RispondiEliminastupendo...
RispondiEliminauno che passava
ahia, le rane non me la dovevi toccare...
RispondiElimina<3
RispondiEliminaòsta, grazie a tutti, mi fa un gran piacere che vi piaccia (e "benvenuto" a chi passa per la prima volta).
RispondiElimina[le rane... per me i baustelle si dovrebbero ritirare all'apice. tipo subito, insomma.
(oh chiedo scusa ma non li reggo, per me son sopravvalutatissimi. come per altre cose, magari sarò io che non c'arrivo, vabbuò, pace)]
òsta,passo di qui per la prima volta e trovo una cosa veramente bellissima.grazie.(no,no,hai ragione:i baustelle avanzano proprio)
RispondiEliminamolto bello,passo da te per la prima volta,arrivo da phonkmeister. bravo.
RispondiEliminauna vecchia mamma
bellissimo, davvero. [via waxen]
RispondiEliminaV
Non resisto, condivido! Bello!
RispondiEliminaVan me lo sono riletto stamani ed è proprio bello, me lo sono pure immaginato. Tutto a colori
RispondiEliminaCredo che sia la prima volta che qualcuno immagina uno sciopero del genere. Complimenti, bellissimo.
RispondiEliminaoh ma sta cosa è bellissima...quasi poetica.
RispondiEliminami permetto di consigliarti "il nulla" e "Sergio", se non le conoscessi già... oh, poi se non ti piacciono, problemi tuoi insomma...:D
RispondiEliminaps bello il post, soprattutto l'inizio ;)
Complimenti! l'ho subito diffusa, e ripasserò! ciao
RispondiEliminaEcco, cazzo, tu manchi un mese, è vero, ma poi mi tiri fuori queste cose qui.
RispondiEliminaE comunque è poetica quest'idea che uno sciopero possa funzionare ancora.
il poeta che va sul tetto e si mette in mutande mi fa pensare a nichi vendola.
RispondiEliminama lo farebbe solatanto per fare colpo su qualche studente di lingue.
chettelodicoaffa': meraviglia.
RispondiEliminaBello bello bello.
RispondiEliminaProprio bello.
RispondiEliminaAnche io vorrei lanciare calamai dai tetti..
Dal terrazzo del mio palazzo stanno applaudendo tutti. In mutande.
RispondiEliminaapplaudo anch'io.
molto bello...
RispondiEliminaM'è piaciuto una cifra sto post, lo trovo tremendamente originale (per non dire geniale). Per tanto tempo gli amici scherzando mi hanno chiamato poéta e io quasi ci restavo male, perché non mi sentivo tale. Se avessi solo solo potuto assistere ad uno scipoero tale mi sarei messo in mutande per solidarietà anche in mezzo alla strada, da sotto i tetti.
RispondiEliminaVan deer gaz Papa!
RispondiElimina@ Mauro & la Mamma & Violet & Cristina & il Ciospo & Ilviaggiatorenotturno & Krepa & Kya: benvenuti su SegnoDisegnO (e tenchiù!).
RispondiElimina@ la Fata: òsta, detto da Ella l'è un complimentone in stereo surround.
@ Mgg64: un pochino, nonostante me.
@ Anonimo baustelliano ("baustellese"? vabbuò.): grazie dei consigli; le ho ascoltate. A livello melodico, trovo gradevole qualcosa, come testi boh, continua ad essere un mio problema. :D
@ Silas Flannery: delle volte mi manco anch'io, però delle volte mi ho doppio e non trovo da scambiarmi neanche per uno scudetto della Triestina. Si potrebbe, inoltre, scioperare a singhiozzo, ma ci fan paura preventivamente.
@ ed*: speriamo che siano felici.
@ la roscia: mm.
@ ottocazzi: grazie, e poi dovresti vedermi in giacca e cravatta.
@ mezzatazza: lanciamone!
@ Milingopapa: tnchs, Vinchs. Immagino che ciò giovi non poco ad accrescere il valore dello stabile.
@ stavomeglioquandostavopeggio: te dici così per tenermi buono -lo so, perché se mi metto in mutande sul tetto, da casa tua mi vedi e ti peggioro il panorama.
Comunque mo' provo a guarir suore, si sa mai.
@ tutti:
Mi zittisco, un po' spaesato.
Faccio un passo indietro.
Accenno un inchino.
Se ti trovi doppio, ti piglio io eh... Non so esattamente con cosa scambiarti, ma qualcosa me lo invento.
RispondiEliminaIo sono prontissimo a scambiarti con Facchetti e lo scudetto della Spal, a condizione che NON ti presenti in giacca e cravatta. :-D
RispondiElimina@ Vaniglia: grasssie, son tutto arrossito.
RispondiElimina@ ottocazzi: no, mi sa che non c'è pericolo, da un'annetto a 'sta parte e per ancora un po', son fuori dal tunnel del giacca e cravatta. Se ci metti anche Chinaglia, se ne parla.