venerdì 18 novembre 2022

Esperto di Pelo

 Che poi, poco prima di saperlo, ho pensato Io è un sacco che non piango, forse mi ci vorrebbe, come quando c'è bisogno di burrasca perché dopo l'aria è tersa, il mare si ossigena, c'è quell'odore che c'è solo in quel momento lì.

 Che, poi non lo so, ogni tanto lo pensavo, non lo so perché, forse perché non si vedeva e i vecchi amici vecchi te dici Boh, magari gli do danno, chissà come sta, ma poi magari lasci perdere, tanto al telefono non risponde quasi mai.

  Che poi, il mio primo capo, che avevo sedici anni e facevo le foto ai turisti, aveva il negozio di fronte e per chiamarlo, delle volte, diceva "Esperto di Pelo!", e io a vedere degli adulti ridere, che bello.

  Che poi, io ci pensavo da quando aveva chiuso il negozio, e mi chiedevo come andava, questa storia di andare in pensione e prendersi cura dei nipoti, senza magari io che gli vado a dire le boiate o a fare le boccacce mentre passo fuori dalla sua vetrina, e senza le ragionate con l'altra umanità varia che abbiamo qui.

 Che poi, aveva un gusto a farsi raccontare le mie pataccate che se le faceva raccontare ancora e ancora, e quando lavoravamo vicini bussava nel muro o alzava la musica, per chiamarmi o per dare danno, così, come dire So che sei di là, vieni qui a fare una ragionata con noi.

 Che poi, riuniva un'umanità, su quelle poltrone, che c'era da scriverci, e infatti.

 Che poi, Ti ricordi quella volta?! e partiva con la storia della turista che aveva convinto a venirmi a spruzzare d'acqua, perché lui e io facevamo le battaglie e ci tendevamo imboscate e ci spruzzavamo con gli spruzzini con cui pulivamo le vetrine, quei pomeriggi caldi d'estate, e anche se avevamo tipo trent'anni di differenza, in quel momento ci si sentiva ancora bambini, insieme.

  Che poi, le castagne, i bicchieri di vino, le pizze tardi e quella partita del Mondiale a casa mia.

  Che poi, viene fuori nei racconti che suonava pure lui, e da giovane ballava - eccome! - e io lo chiamavo Il Re della Conga, delle volte. Rideva.

  Che poi, Non farmi ridere ridere che ti taglio un pezzo di orecchio!, e delle volte ci è andato vicino e non potevamo incrociare gli occhi nello specchio, se no partivano le ghignate e io alle orecchie ci tengo, in generale.

  Che poi, cosa gli vorrei dire. "Grazie di tutto - vorrei ripetergli, e aggiungere fuori dai denti - Eri una persona accogliente e gentile. Eri divertente. Stai bene.".

  Che poi, se c'è un paradiso, adesso sono tutti pettinatissimi e con la barba fatta. Magari, con un taglio un po' agé, ma pettinatissimi.

1 commento:

  1. Non lo sapevo… che dispiacere. Un pezzo di storia del paese.
    Maestra Alice

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